Dolci Pasquali Tipici della Ciociaria
Dolci Pasquali Tipici della Ciociaria
Le Regina della Pasqua Ciociara
La Pigna Tradizionale di Pasqua
Una classica “Pigna” ciociara, un grande pane dolce lievitato ricoperto di glassa e confettini colorati.
La Pigna di Pasqua è il dolce simbolo della Pasqua in Ciociaria. Diffusa soprattutto nei comuni meridionali (Arpino, Sora, Isola del Liri e dintorni) – un’area un tempo appartenente al Regno di Napoli – si è ormai propagata anche nel resto della provincia frusinate. È una sorta di panettone casalingo molto ricco, preparato con farina, molte uova, zucchero, burro (oppure olio), lievito madre, uvetta, canditi e profumato con vaniglia, cannella, scorza di agrumi e semi di anice (spesso si aggiunge anche un liquore come la sambuca). L’impasto, piuttosto sodo, richiede una lunga lavorazione e diversi giorni di lievitazione; anticamente era un rito familiare in cui più persone aiutavano a impastare con forza, coprendo poi l’impasto con coperte calde e vegliando tutta la notte affinché lievitasse bene. Una volta cotta, la Pigna pesa circa un chilo ed è spesso decorata in superficie con glassa di zucchero o albume e confettini multicolori.
Tradizionalmente la Pigna si consumava a colazione la mattina di Pasqua, accompagnata da uova sode e dai salumi tipici locali. Il risultato è un dolce soffice e aromatico, dal sapore rassicurante di vaniglia e agrumi. Questa preparazione era così radicata nel sud della Ciociaria da segnare una differenza culturale: nei paesi ex-borbonici non poteva mancare sulle tavole pasquali, mentre nella parte settentrionale (già Stato Pontificio) la sua diffusione è avvenuta solo in epoche recenti. Oggi la Pigna (chiamata talvolta anche “pizza ricresciuta”) resta uno dei dolci pasquali più amati e rappresenta un vero ponte tra passato e presente, rievocando i profumi delle antiche cucine contadine.
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La Tosa di Supino (Pupazza ciociara)
La Tosa di Pasqua (nota anche come Pupazza ciociara) è un dolce tradizionale legato in particolare al comune di Supino, ma conosciuto in varie zone rurali della Ciociaria. Si tratta di un impasto semplice di pane dolce, storicamente modellato in forme diverse a seconda del destinatario: a forma di bambola (la “pupa”) da regalare alle bambine, oppure a forma di ciambella (detta “gliù Campanaro” in dialetto) per i bambini maschi. Gli ingredienti principali sono poveri ma saporiti: farina, uova, zucchero, latte, olio extravergine d’oliva, semi di anice, un pizzico di sale e aromi naturali come vaniglia e un goccio di sambuca (liquore all’anice); per la lievitazione un tempo si usava il lievito madre ricavato dalla pasta del pane.
Descrizione: La Tosa/Pupazza ha consistenza di pane dolce biscottato. Nella versione “pupazza” la pasta viene sagomata con testa, busto e gambe stilizzati, spesso con un uovo intero inserito al centro (simbolo di fertilità e rinascita) e decorata con granelli di zucchero colorato e ciliegie candite come occhi. La forma a ciambella invece ricorda la corona di un campanaro (da cui il nome dialettale) ed è anch’essa adornata con un uovo.
Curiosità: questa tradizione ricalca usanze diffuse in altre regioni italiane di regalare ai bambini pani dolci con le uova (ad esempio la “cuddura” in Calabria o la “scarcedda” in Puglia). Oggi la Tosa di Supino è considerata un dolce storico e raro: sopravvive grazie alla memoria di alcune famiglie e panifici locali che la preparano per rievocare le Pasque di una volta. È un dolce dall’aspetto rustico ma ricco di significato, che porta con sé aneddoti familiari di nonne ciociare intente a plasmare bamboline di pane da donare ai nipoti.
Il Tortaro (Tortero) di Piglio
Il Tortaro – chiamato anche Tortero in alcune località – è il dolce pasquale tipico del paese di Piglio e zone limitrofe sui monti Ernici. Assomiglia anch’esso a un pane dolce lievitato alto, simile nella forma a un panettone. Ingredienti principali: farina in abbondanza, uova (5-6 per impasto), zucchero, latte, una modesta quantità di olio d’oliva al posto del burro, semi di anice e aromi di liquore (spesso aroma di rum o un goccio di Alchermes per dare profumo e colore). A differenza della Pigna, il Tortaro non contiene canditi né uvetta al suo interno, risultando visivamente più semplice, ma è comunque molto soffice e profumato.
Descrizione: L’impasto del Tortaro è di consistenza più morbida e umida; dopo una lunga lievitazione, il dolce viene cotto ottenendo una cupola dorata. Tradizionalmente veniva preparato con grande cura: le nonne raccontano di averlo fatto lievitare tutta la notte, tenendo l’impasto al caldo sotto pesanti coperte di lana e scaldando l’aria intorno con un ferro caldo, vegliando con pazienza come si fa con un bimbo in arrivo. Questo rito garantiva una crescita ottimale, anche se richiedeva dedizione.
Curiosità: il Tortaro, pur nella sua semplicità, non ha nulla da invidiare ai dolci più ricchi – c’è chi lo preferisce persino alla colomba industriale. Viene servito durante la colazione di Pasqua, accompagnato da uova sode, salame corallina, vino dolce o liquore, esattamente come vuole la tradizione locale. Oggi il Tortaro resiste sulle tavole pigliesi grazie ad alcune pasticcerie e famiglie che ne custodiscono la ricetta, perpetuando un gusto delicato di anice e vaniglia che rievoca le Pasque di un tempo.
La Casata di Pontecorvo
La Casata Pontecorvese è un dolce pasquale unico nel suo genere, tipico della città di Pontecorvo. Come suggerisce il nome, la sua caratteristica principale è l’uso del “cacio” (formaggio) nell’impasto. Si tratta infatti di una torta dolce-salata a base di formaggio di pecora non salato, molte uova, zucchero, con l’aggiunta di cannella, cedro candito a pezzetti e cioccolato fondente grattugiato. Una volta cotta, la Casata si presenta come una torta alta e compatta; al taglio rivela tre strati distinti di colore differente – giallo dorato (uova), bianco crema (formaggio) e marrone scuro (cioccolato) – fusi in un insieme davvero particolare.
Descrizione: Il sapore della Casata è in equilibrio tra il dolce e il salato: la dolcezza dello zucchero e del cioccolato si sposa con la nota sapida e la consistenza cremosa del formaggio ovino. Tradizionalmente si prepara nel periodo di Pasqua, ma a Pontecorvo viene servita anche in occasione della festa patronale di San Giovanni Battista.
Curiosità: secondo una leggenda locale, questo dolce sarebbe nato nel XV secolo in onore della visita di un Papa a Pontecorvo. All’epoca la città era un’enclave dello Stato Pontificio (1463-1860), e si narra che per omaggiare il Pontefice venne creata questa torta ricca, usando ingredienti disponibili nelle campagne (uova, cacio fresco) arricchiti con spezie e preziosità come il cioccolato, allora un bene di lusso. Da allora la Casata è diventata il fiore all’occhiello della pasticceria pontecorvese: un dolce dalla ricetta antica, tramandata di generazione in generazione, che ancora oggi “fa festa da solo” con il suo gusto sorprendente e le decorazioni di frutta candita verde sopra (simbolo di speranza e rinascita).
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Uova stregate di Veroli
Le Uova stregate sono un curioso dolce pasquale della tradizione verolana, oggi poco conosciuto perché custodito gelosamente per secoli all’interno di un monastero. Si presentano esteriormente identiche a uova sode normali, con il guscio bianco intatto, ma in realtà sono uova “magiche” ripiene di dolcezza. Ingredienti principali: la ricetta originale è segreta, tramandata dalle monache benedettine di clausura del Monastero di Santa Maria dei Franconi a Veroli. Dalle poche informazioni divulgate si sa che l’uovo viene svuotato e riempito con un impasto dolce aromatizzato (forse a base di tuorlo, zucchero, liquore e spezie), per poi richiudere il guscio: il risultato è un piccolo scrigno dall’aspetto di uovo, ma tutto da mordere.
Descrizione: Alla vista sembrano uova sode normali, ma al primo assaggio rivelano un ripieno goloso e misterioso, capace di “stregare” il palato di chi le assaggia. Vengono solitamente servite in un piccolo cestino, a volte accompagnate da una gallina di zucchero o di cioccolato come decorazione. Un tempo queste uova dolci comparivano solo nel periodo pasquale, quando le suore del monastero le preparavano per beneficenza e per pochi fortunati estimatori. Oggi le Uova stregate sarebbero quasi dimenticate, se non fosse per l’iniziativa di alcuni appassionati che hanno cercato di riscoprirle: famosa è la signora Maria Martino di Arpino, pasticcera che è riuscita a ricreare la ricetta originale delle monache e a proporla nel suo negozio durante le feste. Le sue “uova stregate” hanno conquistato anche noti giornalisti e imprenditori, dando nuova vita a questo dolce leggendario.
Curiosità: il nome evocativo lascia pensare a un incantesimo – secondo alcuni potrebbe derivare dal liquore Strega utilizzato nel ripieno – ma qualunque sia il segreto, queste uova rimangono una magia gastronomica tutta ciociara.
Pizza “Remenata” di Guarcino
La Pizza remenata è un antico dolce pasquale tipico di Guarcino, piccolo borgo montano della Ciociaria settentrionale. Il nome dialettale remenata significa “rimestata a lungo” e fa riferimento al lungo lavoro di impasto che la ricetta richiede. In effetti è un pane dolce lievitato dalla preparazione laboriosa, oggi quasi scomparso dalle tavole se non in rare occasioni. Ingredienti principali: pizza in ciociaro significa torta o pane, e in questo caso l’impasto include farina, uova, zucchero, olio, una parte di patate lesse schiacciate, uvetta sultanina, semi di anice, scorza di limone grattugiata e un goccio di sambuca (liquore all’anice). Questa combinazione conferisce al dolce una fragranza e una morbidezza eccezionali.
Descrizione: La Pizza remenata si presenta come una pagnotta dolce, di colore bruno-dorato, profumatissima di anice. La particolarità è la sua estrema morbidezza e umidità, data proprio dalla presenza delle patate e dell’uvetta nell’impasto. Il sapore è quello di un pane dolce leggermente speziato, dove la dolcezza si bilancia con l’aroma di semi d’anice e agrumi. Secondo la tradizione orale, un tempo le massaie di Guarcino ne preparavano grandi quantità in prossimità della Pasqua, e la offrivano ai pellegrini e viandanti che giungevano in paese per le celebrazioni religiose. Era dunque un pane della festa e dell’ospitalità, che rinsaldava i legami comunitari in occasione del periodo pasquale. Le origini esatte di questa ricetta restano avvolte nel mistero – si ipotizza che risalgano addirittura al Medioevo – ma il fatto che il procedimento sia così lungo e impegnativo suggerisce una provenienza antica, quando si dedicava molto tempo alla preparazione del pane. Oggi la Pizza remenata è classificata tra i Prodotti tipici di questa zona e ogni tanto viene riproposta in sagre o eventi culturali per riscoprire i sapori perduti. Chi l’ha assaggiata la descrive come “un abbraccio di sapore”, dove la sofficità inconsueta di questo pane dolce sorprende ad ogni morso.
Fonti e testimonianze: Le informazioni sui dolci sopra descritti provengono da ricerche storiche e gastronomiche locali. In particolare, la Pigna, il Tortaro e la Tosa/Pupazza sono citati da testate giornalistiche e blog di tradizioni ciociare, mentre la Casata di Pontecorvo è descritta nei repertori dei prodotti tipici locali. Le Uova stregate di Veroli sono note grazie alle testimonianze del monastero e all’opera di divulgazione di una pasticcera di Arpino. La Pizza Remenata di Guarcino è riportata in articoli sulle antiche ricette ciociare, che ne raccontano la preparazione e l’uso rituale un tempo. Tali fonti contribuiscono a preservare la memoria di questi dolci pasquali – alcuni ancora oggi protagonisti sulle tavole della Ciociaria, altri quasi dimenticati ma meritevoli di riscoperta – evidenziandone il legame profondo con la cultura e la storia locale.
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